Seconda parte dell’intervista ai Consulenti di SarchBrain. Rispondono alla domanda relativa ai passi operativi fondamentali per una corretta selezione delle Keyword: Maurizio Petrone, Enrico Altavilla e Giacomo Pelagatti.
La scelta delle parole chiave è una delle fasi più strategiche dell’attività di posizionamento. Quali sono i passi operativi fondamentali per individuare e selezionare le giuste Keyword in grado di generare traffico mirato e conversioni?
Maurizio Petrone:
Innanzitutto, bisogna conoscere il linguaggio che usa il target di riferimento. In questo senso, nessun tool potrà essere utile quanto le indicazioni che può dare un cliente di lunga esperienza nel proprio mercato.
Se mancano queste indicazioni, si può sempre imparare da sè: ascoltando le conversazioni dei propri conoscenti, leggendo i forum di settore, parlando col reparto commerciale della concorrenza, e via così.
Chiaramente, un grandissimo aiuto può arrivare dall’analisi delle parole chiave (e delle relative SERP) di origine del traffico che converte.
Individuate le parole chiave funzionali a descrivere un intento di conversione, bisogna poi capire su quali conviene lavorare: alcune potrebbero essere troppo competitive (e quindi l’attività costare troppo rispetto ai ritorni) mentre altre potrebbero rivelarsi ottime opportunità, sfruttate poco o nulla… ma questo è un altro discorso ;-)
Enrico Altavilla:
L’approccio più corretto è quello di definire il target e capire come si esprime in fase di ricerca, quando ha una necessità da soddisfare. Ovviamente questo richiede una conoscenza del business del cliente, che non può mai essere esaustiva e che dovrebbe beneficiare dal contributo del cliente stesso, che conosce il proprio mestiere meglio di chiunque altro.
Lo studio del target non sta solo alla base della definizione delle keyword ma è importante in fase di definizione dell’approccio alla comunicazione e del tono da usare.
Oggi non ci si può accontentare delle sole keyword: è importante approfondire il linguaggio usato dal target per capire se è bene usare testi dal tono più colloquiale e informale o se adottare una comunicazione più formale o più tecnica.
Provare a mettersi nei panni del target consente inoltre di individuare espressioni che non sono classificabili come parole chiave ma che sono tipiche di certe classi di utenti e che esprimono necessità.
Prendiamo per esempio il mondo del lavoro e l’universo di risorse online che danno una mano a trovarlo: quante persone disoccupate cercano lavoro specificando il tipo di mestiere desiderato e quante invece sono consapevoli di non avere qualifiche particolari? Si scopre quindi che una percentuale di persone in cerca di lavoro specifica nelle ricerche “senza diploma”, “senza laurea” o “senza esperienza”.
Una risorsa di settore potrebbe tener conto di queste esigenze e scrivere testi con l’obiettivo di venire incontro ai bisogni di quel target (e infatti diversi siti con offerte di lavoro lo fanno già).
A volte non è possibile analizzare così a fondo il proprio target, ad esempio perché il business del cliente abbraccia troppe aree e conseguentemente un’offerta in grado di soddisfare un universo di esigenze troppo vasto per essere definito nel dettaglio. Ma in molti ambiti specifici è possibile delineare l’identikit dell’utente interessato all’offerta e ciò rappresenta il primo passo per avvicinarsi al suo modo di comunicare.
Come individuare nella pratica keyword ed espressioni chiave: osservare il linguaggio usato dalle campagne pubblicitarie (dei canali offline, sopratutto) in cerca di espressioni destinate a diffondersi, usare strumenti online quali il suggeritore di keyword di AdWords o Google Suggest, documentarsi sui siti dei competitor, partecipare ad eventi di settore e osservare la zia mentre cerca di organizzare online la vacanza di fine anno.
Giacomo Pelagatti:
Nel corso degli ultimi anni i motori di ricerca, Google in primis, sono diventati straordinariamente bravi nel capire che cosa gli utenti stanno cercando, anche al di là dei termini esatti da questi utilizzati per esprimere i propri bisogni informativi al momento della ricerca, perché comprendere la domanda è il primo passo fondamentale per poter dare una risposta corretta.
Parallelamente, i motori hanno anche affinato notevolmente la propria capacità di inquadrare l’argomento o tema di una pagina web, integrando l’analisi semantica dei contenuti on-page con quella dei fattori esterni, come ad esempio il testo associato ai link che dal resto del Web puntano a quella pagina, nonché con l’analisi statistica del volume enorme di dati che hanno accumulato nel tempo.
Grazie a queste evoluzioni, oggi Google è in grado di individuare e restituire entro i primissimi risultati documenti che sono estremamente rilevanti rispetto alla ricerca dell’utente (rispondono cioè alla sua “domanda”) indipendentemente dalle occorrenze esatte dei termini della query nel corpo della pagina, e con un ottimo grado di elasticità rispetto alla precisione o correttezza linguistica della query stessa.
In questo scenario, io credo che il focus dell’attività di keyword research a fini SEO debba spostarsi sempre più dalle singole parole o frasi a un contesto ben più ampio, che è quello dei temi e dei linguaggi
E che, nel far ciò, sia necessario prendere in considerazione, ad esempio, non solo i sinonimi più comuni, ma anche quelli meno utilizzati; non solo le occorrenze e le citazioni, ma anche le co-occorrenze e le co-citazioni; non solo i “referrer” (ossia i termini di ricerca che portano traffico a un sito dalle SERP), ma tutta la catena delle ricerche precedenti e dei successivi affinamenti (è meno costoso di quanto si pensi osservare dal vivo e registrare le ricerche di un panel di utenti; in alcuni casi è inoltre possibile analizzare i percorsi di navigazione incrociandoli coi dati delle ricerche interne al sito).
L’analisi del comportamento di ricerca è forse l’attività in assoluto più remunerativa, perché permette di capire non solo che cosa cercano gli utenti, ma anche come cercano. I motori ci sono già arrivati da tempo; ora tocca a noi.